Come sempre, il Santo Padre, parla ed arriva diritto al cuore, al cuore degli umili, al cuore di coloro che sono al servizio del bene collettivo. E lo fa con il suo stile sobrio, puro ma nel contempo duro, duro con la realtà umana, duro con la realtà ecclesiale. Dovremmo imparare molto da Lui, dal Servo dei Servi. In primo luogo la capacità di fare autocritica, di ammettere gli errori commessi, di crescere insieme con il proprio gregge. E poi per la lettura critica degli ultimi anni e ciò che accade, in nome della scienza, quella scienza che deve essere al servizio degli uomini e non per sostituirsi al divino quasi a voler, essa stessa, sostituirsi a Dio. Come fare a non essere d’accordo con Benedetto XVI quando parla di centralità dell’uomo, lo stesso uomo che vive, cresce, sogna e spera. Spera in un futuro migliore, in un mondo migliore che solo l’applicazione dei principi evangelici può creare, può donare. Ed è solo la speranza del Divino può darci la forza di credere che, forse, insieme potremmo uscire dalla spirale di violenza che, oggi come oggi, è esplosa nell’intero pianeta. Quella speranza che ci porta a credere che amandosi gli uni gli altri tutto quello che, giornalmente ci affligge e ci nausea, la spirale di omicidi, le stragi e quant’altro possa, di colpo, sparire. Ed in fondo è anche la speranza che dopo questa vita c’è ne sarà un’altra, più bella, in cui contempleremo tutto l’amore che Dio ha per noi. L’Enciclica firmata ieri, ha anche un altro enorme messaggio. Un messaggio diretto al nostro, amato, vecchio continente: l’Europa. L’Europa, volutamente, ha cancellato la sua storia, la sua tradizione, le sue radici e non ha più, di fatto, capacità progettuale e di volgere uno sguardo al futuro. Se non vi è speranza questo è plausibile, è una conseguenza di ciò. La speranza coniuga il rispetto della dignità di ogni essere umano con quello sviluppo integrale e solidale che fa si che ogni nazione sia degna di essere chiamata civile. L’Europa senza anima ha smesso di sperare. Benedetto XVI, invece, ci richiama ad una speranza che non deve essere soggettiva ma collettiva, una speranza che possa dare sostegno alle nuove generazioni per un futuro certamente migliore. In questa ottica, il messaggio, forte ed autorevole che il Santo Padre ci ha donato, dovrebbe scuotere il mondo politico nostrano. Basta con il relativismo, con le false ideologie che hanno ferito, nel cuore e nell’animo, intere generazioni, con il laicismo becero di cui l’Italia ha sofferto negli ultimi mesi. L’unica nostra salvezza risiede nella speranza. La speranza che un mondo migliore si può e si deve costruire, quel mondo fatto di amore, di pace, di fratellanza di cui parlava un uomo che ha cambiato la storia: Gesù di Nazaret. |